Mercoledì della II settimana di Pasqua.
di padre Giustino Zoppi.
Buongiorno, cari amici, con il caffè carmelitano di oggi, 27 aprile 2022.
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 3, 16-21).
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».
“Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato”. Chissà se è stato il ricordo di queste parole a spingere Nicodemo, la sera della morte di Gesù, a uscire allo scoperto e ad accompagnare Giuseppe di Arimatea a seppellire il corpo di Gesù. Perché Nicodemo era affascinato da Gesù, dai suoi discorsi, dai suoi gesti, però era tentennante, non si decideva, era pieno di dubbi, pieno di paure, e soprattutto non aveva capito ancora che era in lui che bisognava credere: non semplicemente alle sue parole, era nella sua persona che bisognava credere. E lui si sentiva come frenato, innanzitutto per la sua posizione sociale e religiosa: era un dottore della legge, un membro del sinedrio, una persona importante. Farsi vedere come discepolo di Gesù gli incuteva timore, aveva paura di perdere, di rischiare la sua posizione. E allora ecco che lo va a trovare di notte. E così pure, anche un altro ostacolo impediva a Nicodemo di essere totalmente discepolo di Gesù: era la sua stessa sapienza teologica, il fatto di essere dottore della legge, di conoscere tutto, il fatto che alcuni discorsi di Gesù gli sembravano dirompenti, come quello sul tempio, quello sul sabato, quello sulla legge. La sua stessa sapienza, la sua conoscenza teologica, anziché aiutarlo, gli era di impedimento. E il timore di perdere qualche cosa gli impediva di mostrarsi in pubblico amico di Gesù.
Non succede solo a lui, succede anche a molti di noi. Quanti non riescono a mostrarsi cristiani davanti a tutti, perché hanno timore di essere isolati, di essere marginalizzati o derisi. Quanti giovani, in mezzo ai propri compagni, non fanno vedere la loro fede, che magari hanno dentro il cuore, ma hanno timore di perdere l’amicizia, la stima, la compagnia del loro gruppo.
E così pure, il presumere di sapere può impedirci di accettare con semplicità il vangelo, e soprattutto la persona di Gesù come l’unico salvatore, l’unica àncora di salvezza per la nostra umanità.
Ecco allora che cosa ci insegna il vangelo, le due virtù che ci propone. Da un lato la semplicità: anche se si è molto sapienti, bisogna avere un cuore semplice, che sa accogliere la verità con umiltà. E l’altra virtù è il coraggio, che si unisce poi alla gioia: il coraggio di testimoniare la propria amicizia con Gesù, la propria vicinanza a Gesù, il proprio essere cristiani, che poi ci dà la gioia di vivere pienamente la nostra fede, non mezza nascosta, ma pubblicamente. Solo questa ci apre la porta alla gioia completa.
Preghiamo.
O Padre, che nella Pasqua del tuo Figlio
hai ristabilito l’uomo nella dignità perduta
e gli hai dato la speranza della risurrezione,
fa’ che accogliamo nell’amore
il mistero celebrato ogni anno nella fede.
Per Cristo, nostro Signore. Amen.
Carissimi, buona giornata a tutti, nella luce della Pasqua!
padre Giustino Zoppi
Comunità di Bocca di Magra (SP)

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2° incontro Amici del Caffè (27/29 maggio)
al Monastero Santa Croce di Bocca di Magra (SP)

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