XXX settimana del Tempo Ordinario.
di padre Vojtech Kohut con padre Roberto Fornara
Buongiorno, cari amici, con il caffè carmelitano di oggi, 24 ottobre 2022.
Dal vangelo secondo Luca (Lc 13, 10-17).
In quel tempo, Gesù stava insegnando in una sinagoga in giorno di sabato. C’era là una donna che uno spirito teneva inferma da diciotto anni; era curva e non riusciva in alcun modo a stare diritta. Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: «Donna, sei liberata dalla tua malattia». Impose le mani su di lei e subito quella si raddrizzò e glorificava Dio. Ma il capo della sinagoga, sdegnato perché Gesù aveva operato quella guarigione di sabato, prese la parola e disse alla folla: «Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi guarire e non in giorno di sabato». Il Signore gli replicò: «Ipocriti, non è forse vero che, di sabato, ciascuno di voi slega il suo bue o l’asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi? E questa figlia di Abramo, che Satana ha tenuto prigioniera per ben diciotto anni, non doveva essere liberata da questo legame nel giorno di sabato?». Quando egli diceva queste cose, tutti i suoi avversari si vergognavano, mentre la folla intera esultava per tutte le meraviglie da lui compiute.
“Il lupo ha mangiato, e la capra è rimasta intatta”, si suol dire nella mia lingua, e con questo proverbio si vuole caratterizzare una soluzione che accontenta ambedue le parti, o perlomeno non reca danno a nessuno. Forse si potrebbe trovare un’espressione simile anche in italiano, come, per esempio: “volere la botte piena e la moglie ubriaca”, oppure “dare un colpo al cerchio e un colpo alla botte”.
In ogni caso, in questa linea si potrebbe interpretare la reazione del capo della sinagoga alla guarigione di una donna curva, inferma da diciotto anni. Alla folla, entusiasta per il segno compiuto, il capo della sinagoga dice: “Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi guarire e non in giorno di sabato”. Il suo tentativo di salvare la prescrizione del riposo sabbatico da un’apparente trasgressione e, per di più, proprio nella sinagoga, si comprende alla luce della legge di Israele.
Ma la risposta di Gesù mette in guardia da una tale fuga. La guarigione avvenuta dovrebbe, infatti, prima di tutto, suscitare la domanda sull’autorità e sul potere di Cristo, e quindi sulla sua vera identità, ma soprattutto – come ribadisce egli stesso – anche interpellare sul senso genuino del riposo sabbatico. “Ipocriti,” dice Gesù, “non è forse vero che, di sabato, ciascuno di voi slega il suo bue o l’asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi? E questa figlia di Abramo, che Satana ha tenuto prigioniera per ben diciotto anni, non doveva essere liberata da questo legame nel giorno di sabato?”. A Gesù non interessa la lettera della legge, ma ne coglie il cuore, il valore fondamentale.
Nostro Signore – come in altre occasioni – ricorda che ogni comandamento divino è dato a favore dell’uomo, per il suo vero bene. E se la sua osservanza puramente materiale si volge contro l’uomo, ciò segnala chiaramente che il comandamento stesso non è stato colto o non è vissuto in maniera corretta.
C’è da domandarsi, dunque, carissimi fratelli e sorelle: come reagiamo noi alle meraviglie che il Signore compie nella nostra vita? Riusciamo a vederle? Le accogliamo solo con un entusiasmo superficiale, o ci interpellano profondamente a penetrarne il vero significato? Non ci capita, talvolta, di accantonarle facilmente con diverse scuse o spostando l’interesse altrove? Lasciamoci accompagnare dal vangelo di oggi durante la giornata, con viva attenzione al nostro modo di vivere i comandamenti e alla nostra risposta agli interventi divini nella nostra vita.
Preghiamo.
Dio onnipotente ed eterno,
accresci in noi la fede, la speranza e la carità,
e perché possiamo ottenere ciò che prometti,
fa’ che amiamo ciò che comandi.
Per Cristo, nostro Signore. Amen.
Benedetta giornata a tutti voi, amici nel Signore.
padre Vojtech Kohut
Comunità di Arenzano (GE)

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