di padre Davide Sollami
– Comunità di Arenzano (GE) –
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Buongiorno, cari amici, con il caffè carmelitano di oggi, 12 novembre 2022.
XXXII settimana del Tempo Ordinario.
Memoria di San Giosafat, vescovo e martire.
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 18, 1-8).
In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: «In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”. Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”». E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».
Sono due le parabole che compongono il capitolo 18 del Vangelo di Luca: quella della vedova che riesce a fare cedere il giudice, e quella del pubblicano e del fariseo al tempio. Sono due parabole con un unico tema: la preghiera.
Nonostante quella della vedova non sia una parabola tra le più famose e nemmeno tra le più toccanti, il contenuto è di grande interesse per tutti: tutti preghiamo, tutti sperimentiamo la fatica della preghiera, spesso difettosa, e tutti vorremmo pregare meglio.
Come preghiamo? A volte in preda a bisogni, altre volte senza vedere i risultati, ed è un’esperienza deludente. Se non otteniamo risposte immediate, rinunciamo e smettiamo subito… Dobbiamo invece imparare a pregare sempre, senza stancarci, ma soprattutto senza stancare il Signore. L’insistenza non è testardaggine. Noi non abbiamo a che fare con una persona che non ascolta, anzi il Signore, oltre ad ascoltare, conosce già le nostre necessità. La parabola ci insegna che se addirittura un giudice disonesto fa giustizia ad una persona sola e senza appoggi, figuriamoci se non lo fa il Signore.
Quando Gesù insegna a pregare? Quando gli apostoli gli chiedono: “Signore, insegnaci a pregare”! (Lc. 11,1), e Gesù insegna loro il “Padre Nostro”, patrimonio spirituale di tutti i cristiani che pregano. Ma anche la preghiera del cuore nel Getzemani, quando dice: “Padre, sia fatta non la mia, ma la tua volontà” (Lc 22,42). Gesù ci insegna a dire “sia fatta la tua volontà” nei momenti “sanguinanti”, cioè nelle prove della vita, non solo quando siamo in chiesa con le mani giunte. Ci mostra lo scopo e il frutto della preghiera quando dice: “Pregate, per non cadere in tentazione” (Mt 26,41).
Forse alcuni si sarebbero aspettati da Gesù un metodo, uno schema, una formula… In realtà, con l’esempio, Gesù insegna una preghiera senza posa: si può vivere in uno stato di preghiera. La tradizione della preghiera del cuore insegna ad accompagnare la preghiera con il respiro: come il respiro fa entrare aria nei nostri polmoni, così la preghiera entra dentro il nostro cuore (spesso in affanno).
Questa vedova è l’umanità che tante volte perde il suo vero sposo, «poiché tuo sposo è il tuo creatore» (Is 54,5), e diviene oggetto di ingiustizia. Quale? Quella per cui i «suoi eletti, gridano giorno e notte verso di lui», e a motivo della quale Dio «farà loro giustizia». Riportiamo la preghiera al centro della nostra giornata, anche nella coppia, anche nelle nostre famiglie e comunità.
Preghiamo.
Suscita nella tua Chiesa, o Signore, lo Spirito
che spinse san Giosafat a dare la vita per l’unità della chiesa,
e per sua intercessione fa’ che anche noi non esitiamo
a spendere e donare la vita per i fratelli.
Per Cristo, nostro Signore. Amen.
A tutti una buona e serena giornata!
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