di padre Marco Chiesa
– Comunità di Roma – Casa generalizia –
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Buongiorno, cari amici, con il caffè carmelitano di oggi, 23 novembre 2022.
XXXIV settimana del Tempo Ordinario.
Dal vangelo secondo Luca (21, 12-19).
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».
Le parole che Gesù ci dona in questa giornata non sono rassicuranti a un primo sguardo, perché in esse sentiamo parlare di persecuzione, prigionia, tradimento da parte dei propri cari, odio e uccisione. Eppure, questo è quanto vivevano i primi cristiani già all’epoca in cui l’evangelista Luca concludeva la stesura del Vangelo.
La tentazione di pensare che si tratti di una questione antica è forte e, in un certo senso, rassicurante, ma sappiamo bene che non è così, perché tanti nostri fratelli nella fede si ritrovano perfettamente in queste parole e, in alcuni paesi, questa è la dolorosa quotidianità. La schiera dei perseguitati, pronti a donare anche la propria vita, non si è mai esaurita nella storia della Chiesa, anzi, in questo ultimo secolo è ancor più accresciuta.
Ebbene, questa consapevolezza, che non deve mai mancare nel nostro cuore, ci porta anzitutto a sostenere quotidianamente con la preghiera questi nostri fratelli vicini o lontani; in secondo luogo, ci deve provocare interiormente, attraverso domante scomode ma realistiche: e se capitasse anche a me? Come reagirei di fronte a odio e persecuzione di persone estranee o, peggio, di familiari? Fondamentalmente: sono veramente disposto a dare la vita per Cristo?
La professione della fede piuttosto “comoda”, in cui viviamo, può portare facilmente all’abitudine nel nostro rapporto con il Signore e, di conseguenza, al torpore e alla tiepidezza. Il Signore, con queste parole forti non vuole spaventarci, ma ci invita a riattizzare il fuoco d’amore nei suoi confronti. Questa è la perseveranza di cui ci parla, e che ci dona la salvezza! La perseveranza è la forza e la convinzione che porta un atleta a non demordere di fronte alle sconfitte e alle cadute, proprio come ha fatto Gesù che ha saputo “incassare i colpi” della cattiveria umana fino all’ultimo: odiato, perseguitato, condannato e ucciso – anche dalle persone a lui più vicine – è morto ed è risorto per la nostra salvezza.
Fissando, dunque, il nostro sguardo d’amore in lui, rinnoviamo ogni giorno la nostra volontà di seguirlo con gioia e convinzione, in qualsiasi situazione ci dovessimo trovare. Con questa perseveranza salveremo la nostra vita.
Preghiamo.
Ridesta, o Signore, la volontà dei tuoi fedeli,
perché, collaborando con impegno alla tua opera di salvezza,
ottengano in misura sempre più abbondante
i doni della tua misericordia.
Per Cristo, nostro Signore. Amen.
Una buona e santa giornata a tutti voi!
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