di padre Federico Trinchero
– Comunità di Bangui (Rep. Centrafricana) –
***
Buongiorno, cari amici, con il caffè carmelitano di oggi, 2 aprile 2023.
Domenica delle Palme e della Passione del Signore.
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 27, 50-54)
Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito. Ed ecco, il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi, che erano morti, risuscitarono. Uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti. Il centurione, e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, alla vista del terremoto e di quello che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: «Davvero costui era Figlio di Dio!».
Alcuni studiosi hanno definito i Vangeli come il racconto della passione di Gesù preceduto da una grande introduzione. In effetti, quando i quattro Vangeli riportano il racconto degli ultimi giorni della vita del Messia, il ritmo si fa più lento, teso e ricco di dettagli. La passione di Gesù è descritta fatto dopo fatto, quasi istante dopo istante, come un ricordo che si è scolpito nella mente di quanti ne furono testimoni: l’ultima cena, il tradimento di Giuda, la notte al Getsemani, l’arresto, il processo al Sinedrio, il rinnegamento di Pietro, l’incontro con Pilato, la condanna a morte, la salita al Calvario, la crocifissione e infine la morte e la sepoltura.
Ma se la traccia lasciata da quegli avvenimenti fu indelebile, difficile fu invece comprenderne il vero senso. Com’era infatti possibile una fine simile, per uno che pretendeva di essere il Messia e salvare Israele e il mondo con lui? E com’era possibile che il Figlio di Dio, come diceva di essere e come sotto la croce lo proclama il Centurione e quelli con lui, morisse come un uomo? Se è venuto per salvarci, perché si è fatto uccidere? Inizialmente i primi cristiani accusarono gli Ebrei di aver ucciso il Messia con la complicità dei Romani. Poi pensarono che la croce era stata semplicemente la tappa obbligatoria per entrare nella gloria, quasi la versione palestinese del sogno americano “no pain, no gain”, non c’è vittoria senza dolore e fatica.
Ci volle la risurrezione, ci volle lo Spirito Santo, perché i discepoli potessero arrivare a comprendere non tanto cosa era successo a Gesù, ma cosa era successo a loro grazie a Gesù, e che in quella croce e in quella morte era sbocciata la vita, era nato un mondo nuovo, c’era la salvezza.
Matteo lo esprime come un velo che si squarcia da cima a fondo, quasi un sipario che si apre su un nuovo e definitivo atto della storia del mondo. Ma soprattutto lo descrive come un terremoto che spacca le rocce, apre i sepolcri e fa risorgere i cadaveri. Matteo ha fretta che Gesù risorga, e ha fretta che risorgiamo noi. Vuole farci comprendere che Gesù è morto non per errore, ma per amore; non perché vittima di un complotto umano, ancorché benedetto da Dio, ma per darci la vita, quella vera, quella eterna, quella che lui stesso riceverà tre giorni dopo la sua morte. L’apostolo Pietro, testimone della passione e della risurrezione di Gesù, rileggendo il profeta Isaia, lo comprese e lo riassunse con brevi ed intense parole: “Dalle sue piaghe siamo stati guariti”.
I terremoti distruggono e mettono tanta paura. Ma il terremoto di Gesù fa nascere un mondo nuovo, ridà speranza, dona la vita e la salvezza.
Preghiamo.
Eterno Padre, ti offro le piaghe
di nostro Signore Gesù Cristo,
per guarire quelle delle anime nostre. Amen.
Buona settimana santa a tutti!
***
Ricevi ogni mattina il testo del Caffè sulla tua email:
***
Visita i nostri siti:
***
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.