XV domenica del Tempo Ordinario.
di padre Paolo Galbiati.
Buongiorno, cari amici, con il caffè carmelitano di oggi, 10 luglio 2022.
Dal Vangelo secondo Luca (10, 25-37).
In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai». Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».
«Che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?»: questa domanda, posta a Gesù da un dottore della Legge nasce da una motivazione perversa, dal momento che l’intento di questo uomo è di mettere alla prova Gesù. Effettivamente, anche il contenuto di questa domanda è scorretto, proprio perché per ereditare non si fa qualcosa; l’eredità – quanto più se si tratta di vita eterna, di comunione con Dio, di relazione vera e piena con Lui – non si deve fare qualcosa per ottenerla, ma è necessario accogliere questo dono gratuito, che una volta ricevuto è fondamentale custodire.
Per i dottori della Legge, discutere di gerarchie e di comandamenti era spesso ben più importante del compimento sincero della volontà di Dio. Ponendo a Gesù una domanda in apparenza sincera, il dottore della Legge vuole dimostrare qualcosa d’altro: che è un teologo? Che è più scaltro di Gesù? Che ne sa di più? Sicuramente, almeno all’inizio, il suo intento non è sincero, non si mette in ascolto per imparare, ma in un confronto per mettere alla prova il Maestro. Gesù costringe il dottore a dare da sé la risposta giusta e gli mostra allora qual è il prossimo che ciascuno deve amare come se stesso: è quello che si trova in miseria ed è bisognoso del nostro aiuto.
Gesù ci chiede di essere misericordiosi, compassionevoli… proprio di quella misericordia e di quella compassione che Lui – il Signore – ha per ciascuno di noi. Cantiamo – come amava dire S. Teresa di Gesù citando la Scrittura – in eterno le misericordie del Signore.
Preghiamo.
Padre misericordioso,
che nel comandamento dell’amore
hai portato a compimento la legge e i profeti,
donaci un cuore capace di misericordia
affinché, a immagine del tuo Figlio
ci prendiamo cura dei fratelli
che sono nel bisogno e nella sofferenza.
Per Cristo, nostro Signore. Amen.
Una buona e santa giornata a tutti.
padre Paolo Galbiati
Comunità di Arenzano (GE)

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