XXVII settimana del Tempo Ordinario.
di padre Michele Goegan.
Buongiorno, cari amici, con il caffè carmelitano di oggi, 3 ottobre 2022.
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 10, 25-37).
In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».
Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».
Un racconto famosissimo oggi! Chi non conosce il buon samaritano alzi la mano!
Ma partiamo da un po’ più lontano: soccorrere i propri simili è un istinto che l’uomo ha da sempre, insieme a quello della sua conservazione o sopravvivenza. E’ egoista sì, ma sa anche guardare oltre, con compassione quando ce n’è bisogno.
Noi uomini moderni teniamo tanto a noi stessi, ma sentiamo intenerire il cuore quando vediamo qualcuno in vera difficoltà. Questa compassione si scontra con l’egoismo, o con la paura che facendo qualcosa di bene, alla fine ci rimettiamo in termini di tempo o di reputazione… oppure anche semplicemente con la pigrizia. Chi vincerà? Quello che vogliamo noi! Se vogliamo Gesù, vince la carità; se non lo vogliamo con tutto noi stessi, vince il nostro io.
Ma se solo tenessimo presente di amare gli altri come noi stessi, sarebbe già un bel passo in avanti. Per esempio, senza scomodare Gesù: ci farebbe piacere essere in mezzo alla strada bisognosi e vedere che nessuno ci considera, e passa dritto? No. E allora, anche noi non passiamo mai oltre con indifferenza!
Magari diciamo: ma sono troppi… Ok, ma ognuno è unico. Voi vi sentite uno qualunque o unici? Penso unici. Allora anche gli altri lo sono. Non facciamoci prendere dall’egoismo o dall’indifferenza! I troppi poveri, le troppe immagini e notizie brutte ci hanno creato l’abitudine e anestetizzato il cuore. Alla fine, non siamo chiamati tutti ad andare a centinaia di chilometri per soccorrere chi sbarca o chi è in difficoltà, ma a vedere il prossimo a chilometro zero: sarebbe già un grande passo in avanti.
La grazia di Dio viene in aiuto all’uomo, così che non guardi direttamente alla persona, che magari non ha niente di attraente, ma prima alzi lo sguardo, per riuscire a vedervi riflesso il volto bello e buono di Dio stesso.
Nel racconto evangelico, all’inizio si domanda chi è il prossimo, cioè chi è il vicino di cui prenderci cura, ma alla fine, invece, il significato della parola si capovolge: chi è stato prossimo del malcapitato, chi si è fatto vicino a lui. Ma allora, a chi attribuire questa prossimità? Agli altri o a noi stessi? Opterei per la seconda: se questa prossimità ce l’abbiamo nel cuore e sappiamo che Gesù riflette il suo volto in ogni uomo, troveremo sempre il modo di vivere questo insegnamento, di andare incontro agli altri e a Gesù.
Noi uomini e donne dabbene che andiamo in chiesa cerchiamo di non fare lo stesso errore della parabola, cioè di non volerci sporcare le mani più del dovuto perché comunque ci diamo già da fare, ma lasciamoci prendere il cuore dalla compassione cristiana, che sa compiere miracoli, almeno nell’ascoltare chi è nel bisogno, se non riusciamo a fare altro di concreto. Il vero modo di schiacciare un mendicante è dargli solo dei soldi e non lasciargli la possibilità di parlare e di essere ascoltato. Non siamo chiamati a dare qualcosa, ma a dare noi stessi!
Preghiamo.
Dio onnipotente ed eterno,
che esaudisci le preghiere del tuo popolo
oltre ogni desiderio e ogni merito,
effondi su di noi la tua misericordia:
perdona ciò che la coscienza teme
e aggiungi ciò che la preghiera non osa sperare.
Per Cristo, nostro Signore. Amen.
Una buona e santa giornata a tutti voi!
padre Michele Goegan
Comunità di Genova

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