di padre Marcello Bartolomei
– Comunità di Bouar – S. Elia (Rep. Centrafricana) –
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Buongiorno, cari amici, con il caffè carmelitano di oggi, 7 marzo 2023.
II settimana del Tempo di Quaresima.
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 23, 1-12).
In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:
«Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito.
Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente.
Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate padre nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo.
Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».
Il Vangelo che abbiamo letto prende specialmente di mira coloro che ai tempi di Gesù avevano un ruolo di guida religiosa, gli scribi e i farisei. Erano loro che conoscevano meglio di tutti la legge mosaica, a cui purtroppo aggiungevano le leggi da loro inventate. Più ne aggiungevano e più apparivano importanti, come fossero dei nuovi Mosè.
È vero che è necessario che ci siano delle guide, dei responsabili, sia in campo religioso che in campo politico e civile. Al tempo di Gesù non c’era questa distinzione, era infatti una società teocratica: i responsabili religiosi erano al contempo responsabili del governo civile. Dalla Sacra Scrittura, si voleva fare una legge per ogni situazione, umana e religiosa. Questo fatto portava quindi a voler entrare nei dettagli anche minimi del vivere quotidiano.
Quello che Gesù rimprovera non era tanto il fatto di esercitare un ruolo di guida per il popolo, ma quello di approfittare di tale ruolo per mettersi in mostra, per ricavarne tutti i vantaggi e tutti gli onori e al contempo non fare quello che si esigeva che gli altri facessero.
Mentre rimprovera questo atteggiamento superbo, vanitoso e incongruente di scribi e farisei, Gesù si rivolge ai suoi discepoli per esortarli ad avere un atteggiamento di umiltà, di semplicità, di devozione, nel rispetto della legge di Dio, ma soprattutto nello spirito di fraternità e di servizio.
Autorità significa servizio. È questa la massima che, da Gesù in poi, la Chiesa ha voluto inculcare. Chi deve esercitare l’autorità lo deve fare in spirito di umiltà e di servizio. Ambire a dei ruoli importanti, vuol dire ambire a essere “servo” dei propri fratelli: “Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo”.
Questa è la logica del Vangelo, che si oppone alla logica del mondo fatta di arrivismi, a causa dei quali ci si fa avanti a forza di sgomitate, di falsità, di lotte più o meno palesi, pronti sempre a fare degli sgambetti, a mettere in cattiva luce gli altri per accaparrarsi i primi posti e per approfittarne.
Ecco, sappiamo che la santità, per ogni cristiano, è quella di vivere ogni genere di vocazione come vocazione al servizio, al sacrificio di sé per il bene comune.
Preghiamo.
Gesù, ti chiedo di darmi ogni giorno la tua luce,
per vedere le occasioni piccole o grandi che tu mi doni
per poterti lodare e ringraziare. Amen.
Una buona e santa giornata a tutti!
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