Caffè di venerdì 7 aprile 2023

di padre Roberto Fornara
– Comunità di Arenzano (GE) –

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Buongiorno, cari amici, con il caffè carmelitano di oggi, 7 aprile 2023.

Venerdì Santo – Passione del Signore.

Dal vangelo secondo Giovanni (19,28-30)

Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: “Ho sete!”. Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: “È compiuto!”. E, chinato il capo, consegnò lo spirito.

In questo giorno santo di pentimento, di silenzio e di digiuno, in cui anche il vertice della vita liturgica della Chiesa (la celebrazione dell’Eucaristia) è sostituito dalla sobrietà dell’azione liturgica “in passione Domini”, con al centro l’adorazione della croce, viene proclamato il racconto della passione secondo Giovanni, mentre nella domenica delle palme si alternano i tre vangeli sinottici. Vi invitiamo a ritornare personalmente, oggi, magari nel silenzio di una chiesa, a meditare del passio giovanneo, un racconto ricco di simboli, che può nutrire la nostra fede e alimentare la nostra speranza. Per il nostro caffè, tuttavia, non possiamo leggerlo nella sua interezza. Abbiamo scelto questi pochi versetti che illustrano gli ultimi istanti della vita umana di Gesù, sulla croce.

Meditiamo dunque su alcuni spunti che ci vengono da questa Parola. Innanzitutto, le prime parole riportate del Crocifisso: “Ho sete!”. Gesù esprime un bisogno fondamentale dell’uomo: si può vivere a lungo senza mangiare, ma non senza bere. Lo aveva detto un giorno a una donna di Samaria, presso il pozzo di Giacobbe. E – come allora – lui che si presenta a noi povero, assetato, mendicante, agonizzante, è in realtà colui che è capace di saziare la nostra sete più profonda. Gesù ha, tuttavia, una sete più grande: ha sete di amore e di comunione con tutta l’umanità. Per questo accetta di bere il calice che al Getsemani aveva chiesto al Padre di evitare, se possibile. Pochi versetti dopo, quando un colpo di lancia gli trafigge il costato, subito ne scaturiscono sangue e acqua, simbolo della vita nuova che egli ci dona nel suo mistero pasquale. Anche alla donna di Samaria aveva promesso acqua viva; anche noi, oggi, rimanendo sotto la croce, chiediamogli e invochiamo quest’acqua viva.

L’altra parola riportata dall’evangelista è l’ultima espressione uscita dalle labbra di Gesù morente: “È compiuto!”. Non si riferisce soltanto al fatto che sta finendo la sua missione sulla terra, ma al compimento di questa missione; non alla fine, ma al fine della sua vita terrena: avendo amato i suoi, che erano nel mondo, li amò sino alla fine, alla pienezza, al vertice della possibilità di amare. Nelle parole di Cristo in croce non c’è soltanto la constatazione della morte imminente, e queste parole non sono pronunciate da un perdente, ma da Colui che il Padre farà risorgere dai morti, vincitore sul peccato e sulla morte.

La terza espressione che vogliamo sottolineare è il modo con cui Giovanni descrive precisamente la morte di Gesù. Non ci dice semplicemente che morì o che esalò l’ultimo respiro, ma: “consegnò lo spirito”. Accettando di morire in croce, come un malfattore, umiliato e oltraggiato, egli ci fa partecipi del suo soffio vitale, ci dona il suo Spirito che ci rende partecipi del suo mistero di morte e di risurrezione.

Quest’ultimo dono, vertice di una vita interamente donata, è accompagnato dal gesto che umanamente appare come la logica vittoria del male e della violenza: “chinato il capo…”. È un gesto silenzioso. Gesù è morto. Non può più parlare, come a Betlemme, dov’era in-fante, cioè incapace di parlare. È stato spogliato delle sue vesti, nudo come a Betlemme. Lo hanno spogliato di tutto, perfino della dignità e della vita. Ma quell’ultimo gesto, sotto le apparenze della morte, rivela un movimento del capo dall’alto verso il basso, quasi a pronunciare silenziosamente un ultimo sì al Padre: “Ecco, io vengo, Signore, per fare la tua volontà”.

Preghiamo.
O Dio, che nella passione di Cristo nostro Signore
ci hai liberati dalla morte,
eredità dell’antico peccato trasmessa a tutto il genere umano,
rinnovaci a somiglianza del tuo Figlio;
e come abbiamo portato in noi, per la nostra nascita,
l’immagine dell’uomo terreno,
così per l’azione del tuo Spirito
fa’ che portiamo l’immagine dell’uomo celeste.
Per Cristo, nostro Signore. Amen.

A tutti voi l’augurio di una buona e santa giornata!

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